Cenni storici

Il Comune di Pontechianale occupa la parte più alta della Valle Varaita, confinando con la Francia lungo lo spartiacque alpino nella zona nord occidentale. La superficie territoriale è di 95,71 kmq.

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Descrizione

La Valle Varaita, la più meridionale delle valli di Saluzzo, dallo sbocco a Costigliole risale in direzione Ovest fino al bacino di Casteldelfino (circa a 38 km), fiancheggiata dalle dorsali grossomodo parallele dei due contrafforti alpini che si saldano al crinale delle Alpi Cozie meridionali con le moli del Pelvo d’Elva (m. 3064) a Sud e del Monviso (m. 3841) a Nord.
A Casteldelfino si biforca nel vallone di Bellino, che tra selvagge pareti sale incontro al Colle d’Autaret, e in quello di Chinale, nel quale confluiscono gli scoscesi valloni che incidono i fianchi Sud e Ovest del Monviso.
Nel Comune di Pontechianale esistono interessanti valloni (Soustra, Vallanta, Fiotrusa) importanti montagne (il gruppo del Viso, Roccia Niera, ecc.), che con le varie borgate e le numerose “meire” creano un paesaggio vario e dai multiformi aspetti. Il collegamento con la Francia avviene tramite il colle dell’Agenello (mt. 2741) percorso da una panoramica carrozzabile.
Sul territorio comunale si trovano diversi laghi di interesse turistico: laghi Bes, laghi Blu, lago delle Forciolline ai piedi del Monviso.


CENNI STORICI SULLA VALLE VARAITA E SUL COMUNE DI PONTECHIANALE

Nelle carte più antiche la Valle Varaita veniva chiamata col nome di “Valle Varaitana” e in un diploma dell’Imperatore Federico Barbarossa del 26 gennaio 1159 viene chiamata Vallis Vallactana. Essa confina a Sud con la valle Maira e a nord con quella del Po.
I primi abitanti della valle furono molto probabilmente i Liguri, i quali, riversandosi nella piana saluzzese verso il 5° secolo a.c., fondarono Augusta Vagiennerum, l’attuale Benevagienna.
Le popolazioni del piano si chiamarono Vagienni e quelli delle valli si dissero Liguri Montani (come ci informa Plinio nel terzo libro della sua “Storia Naturale”).
In un secondo tempo anche una colonia di Galli Salluvii che dimoravano nella Provenza valicò le Alpi Marittime e si aggregarono alla colonia Ligure.
All’epoca di Giulio Cesare queste popolazioni erano assoggettate al regno di Cozio, che aveva capitale in Susa.
E sotto la dinastia Coziana rimasero fin all’epoca di Nerone, quando furono definitiva- mente assoggettati all’impero Romano. Durante la denomi- nazione longobarda in Italia, come ci informano il Mura- tori nei suoi “Annuali d’Italia” ed il Denina nella sua “Storia dell’Italia Occidentale”, il re Longobardo Ariberto II donò al Pontefice Romano tutte le Alpi Cozie, tra cui la stessa Valle Varaita.
Dopo la conquista di Carlo Magno il Saluzzese e la Valle Varaita passarono sotto la dominziojne dei conti d’Austria (Caraglio). Per buona parte del Medioevo la storia dell’Alta Valle Varaita è legata alle vicende del Delfinato, a cui venne ceduta nell’ano 1375 dal Marchese di Saluzzo.
La parte dell’Alta Valle legata storicamente alla Francia è chiamata Castellata, e Castellata è anche il nome che si dà tuttora al costume delle donne locali (costume di aspetto monacale, di ruvido panno nero, senza cintura, con grembiule a colori e con cuffia di pizzo).
I secoli XI e XII furono caratterizzati dalla costruzione di molti castelli da cui francesi da un lato e piemontesi dall’altro si fronteggiavano.
Resta a testimonianza della civiltà valliva medioevale il borgo di Casteldelfino (m. 1296) ai piedi del Pelvo d’Elva; il nome deriva dalla costruzione del castello che nel 1336 il Delfino di Vienna, Umberto II, ordinò per contrastare il conte di Savoia.
Nel 1548 il Marchesato di Saluzzo era stato dichiarato feudo del Delfinato. Questo fatto consentì alla Riforma di dilagare nella zona.
Scrive infatti Giovanni Jalla che la parte alta della Castellata di Casteldelfino coi due valloni di Ponte e Bellino dipendeva dal Delfinato.
La potenza degli Ugonotti del Delfi- nato servì ad alimentare la liber- tà di coscienza della valle.
I pastori Brunet e Garcin del Queyras vi avevano predi- cato nel 1560, e poi nel 1574.
Le ulteriori predi- cazioni, unite alla invasione di Ruggero di Bellegarde (un nobile francese che operava di conserva coi Savoia) diedero il colpo definitivo alla religione cattolica.
Come conseguenza la Castellata di Casteldelfino chiese tre pastori protestanti, uno per il capoluogo, uno per Bellino, uno per Chianale.
Ne venne concesso uno solo con l’obbligo di avere cura anche di Sampeyre (1579/80).
Il Pascal parla anche della presenza di un pastore valdese fisso a Bellini.
Per fronteggiare il dilagare del protestantesimo furono impiegate da parte cattolica sia la Compagnia di Gesù che i Cappuccini ed inoltre furono intensificate le visite apostoliche.
Nel 1594, dalle lettere della Nunziatura si apprende, inoltre, di una eco di una visita in Val Varaita (effettuata dall’arcivescovo Broglia) tramite una richiesta ed un successivo ringraziamento per l’otenuta spedizione gratuita delle bolle a favore di alcune parrocchie vacanti.
Esse erano Casteldelfino, Ponte e Chianale nel Delfinato.
Nel 1589 Carlo Emanuele I° conquistò il marchesato.
Il trattato di Lione del 1601 pose fine alle ostilità: Casteldelfino, Pont e Bellino rimasero come dipendenti dal Delfinato.
La presenza della Francia al di qua delle Alpi venne così sancita e confermata fino al 1713, anno del trattato di Utrech.
La Valle Varaita fu teatro nel 1628, il 4 agosto, di una memorabile battaglia tra francesi e piemontesi, per il Monferrato, lasciato in eredità da Vincenzo II Gonzaga al suo più prossimo parente, il duca di Nevers, del ramo francese dei Gonzaga
In quell’occasione i francesi vennero annientati ed il luogo dove avvenne la disfatta da allora si chiama “Rute da déroute”.
Il trattato di Utrech segnò la conclusione della lunga guerra di successione spagnola (1701-1713) e diede ai Savoia, oltre alla Sardegna in luogo della Sicilia, anche il raggiungimento dei confini naturali sul displuviale della linea dei monti che separavano il Piemonte dalla Francia e quindi l’acquisizione del territorio della Castellata.
Alla morte di Carlo VII imperatore della Casa d’Austria un esercito gallo-ispano nel 1743 attaccò Carlo Emanuele III, ma venne sconfitto dai piemontesi.
I disagi sofferti dall’armata nel ripassare i colli dell’Agnello e di S.Verano, aggravarono la già penosa situazione e contribuirono ad accrescere il numero dei caduti.
La neve ed il freddo che bloccarono l’esercito causarono molte vittime. Una terribile epidemia si abbattè sulla vallata a causa del gran numero di cadaveri non sepolti, che appestarono l’aria.
I francesi, in guerra contro il Re di Sardegna Carlo Emanuele, nel 1744 saccheggiarono Bellino e Casteldelfino. Pontechianale venne risparmiato in cambio del trasporto, a carico dei suoi abitanti, dei feriti a Maurin. Una lapide al Becetto di Sampeyre ricorda il luogo dove Carlo Emanuele fissò il suo quartier generale.
I forti ed i trinceramenti presenti nel territorio della Castellata vennero distrutti dai Gallo-Ispani.
Le vicende storiche di Pontechianale sono ovviamente le stesse ora brevemente descritte.
L’origine del nome è legata al fatto che il comune sin da tempo remoti era costituito da due villaggi principali: quello inferiore denominato Pont (dal ponte che, gettato sin dai tempi primitivi, collegava l’abitato di Casteldelfino alla Alta Valle) e dell’agglomerato di fondovalle chiamato Chianale. Le origini, invece, di quest’ultima denominazione non sono note: lo studioso dell’Alta Valle Varaita, Claudio Allais, nel suo libro “La Castellata” (Saluzzo, 1891) avanza l’ipotesi che esso dipenda dall’alveo del torrente Varaita che si presenta, in quella località, come un largo e profondo canale.
Alla fine del secolo scorso l’Allais ci descrive la frazione Pont come un villaggio, composto da ben dieci borgate (Villaret, Castelponte, Chiesa, Rueites, Cros, Granges, Maddalene, Forest, Genzan e Cellette). Chiesa, borgata in posizione centrale, era dotata di chiesa parrocchiale.
Nella borgata Maddalena aveva invece sede il municipio. La sala comunale e la scuola si trovavano nella “bella ed elegante palazzina, che ivi si trova, (e che) fu edificata nel 1884 giusta il disegno compilato dal valente ingegnere Bellino di Saluzzo” (C.Allais, op. cit., pg. 8). L chiesa parrocchiale di S.Pietro in Vincoli fu eretta nel 1461; il coro e la sacrestia risalgono al 1761. La popolazione era di 1117 persone.
La frazione di Chianale, a 1802 m di altitudine è l’abitato più elevato della Castellata. Chianale divenne parrocchia nel 1459 per volere del vescovo di Torino, Lodovico Ramagnano, secondo quanto ha scritto l’Allais. Il villaggio era provvisto di una scuola succursale durante la stagione invernale.
La frazione di Chianale aveva una popolazione di 449 abitanti nel 1890 circa.
L’intero comune contava quindi complessivamente 1500 persone.


Le fonti bibliografiche sulle vicende storiche della Valle Varaita sono numerose e ad esse si rimanda per una documentazione più dettagliata.
C.Allais, La Castellata – Storia dell’Alta Valle Varaita, Saluzzo, 1891.
E.Desideri, Il rilievo urbanistico degli aggregati montani, Torino, 1891.
S.Ottonelli, Guida della Val Varaita, Cuneo, 1979.
L.Ballario, A.Caccherano, L.Coppo. G.Ferrettini, B.Signorelli, Bellino un paese dell’Occitania, Torino, 1980 : nell’ambito di questa ricerca svolta presso la facoltà di Architettura di Torino sono stati esaminati, riportati o elencati numerosi documenti d’archivio riguardanti la Valle Varaita, interessanti non solo dal punto di vista storico, ma anche e soprattutto sociale.
L.Dematteis, Case contadine nelle Valli Occitane in Italia, Priuli e Verlucca editori, Ivrea, 1983.

Modalità di accesso:

Accesso libero.

Indirizzo

Contatti

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Pagina aggiornata il 26/01/2024